INNO DELLA SCUOLA MILITARE (Accademia di Modena)

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IL "Geometra" Comandante del 1° Battaglione Difesa NBC

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giovedì 29 dicembre 2011

IL TEATRO FLAVIO VESPASIANO



Il Teatro Flavio Vespasiano è il principale teatro di Rieti. La posa della prima pietra risale al 16 dicembre 1883, e fu inaugurato il 20 settembre 1893, dopo dieci anni di lavori e ritocchi sotto la direzione dell’architetto milanese Achille Sfondrini. È intitolato all’imperatore Tito Flavio Vespasiano originario di Vicus Phalacrinae (Cittareale).
Il bisogno di realizzare questa struttura nacque quando nel 1882 una legge che dichiarava inagibili i teatri lignei determinò la chiusura del Teatro dei Condomini costruito fra il 1765 e il 1768 in via Terenzio Varrone (struttura preceduta dal Teatro dell’Accademia sito nello stesso luogo e demolito per far posto al successivo.) Tuttavia l’idea di una struttura più ampia era già stata valutata anni prima. Un primo progetto infatti, opera dell’architetto Luigi Poletti, prevedeva la costruzione di una struttura in piazza Oberdan, ma l’idea venne accantonata e le “redini” del progetto vennero affidate all’architetto Vincenzo Ghinelli il quale individuò un nuovo sito in un’area su via Garibaldi. L’opera si dimostrò molto costosa tanto che nel 1859 fu coinvolta nell’iniziativa anche la Cassa di Risparmio della città e 8 anni più tardi il Comune rilevò la completa gestione dei lavori affidandoli all’architetto Achille Sfondrini. Anche l’assegnazione del nome non fu facile. Da una parte c’era chi chiedeva che la nuova struttura venisse intitolata al compositore Reatino Giuseppe Ottavio Pitoni, dall’altra chi sosteneva il nome dell’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano, rimproverando al Maestro un’appartenenza troppo clericale e furono poi proprio quest’ultimi a prevalere. Dopo le difficoltà iniziali quindi, il nuovo Teatro della città cominciò a prendere forma e venne finalmente inaugurato il 20 settembre 1893 con il Faust di Gounod e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Alla fine degli anni novanta del secolo scorso, il teatro è stato restaurato restituendo anche alle facciate, che ormai erano estremamente rovinate, un aspetto decisamente più dignitoso. Nel 2005 altri lavori per l’adeguamento alle norme di sicurezza relative ai locali destinati a manifestazioni pubbliche ne hanno determinato la chiusura, cessata poi il 10 gennaio 2009 con un concerto inaugurale sulle note di musiche eseguite dall'Opera studio dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia e di Roma, diretta dal maestro Marcello Rota. Gli interventi effettuati hanno permesso anche di riportare i colori della sala principale alle tonalità chiare originali e di restaurare ori e stucchi consumati dal tempo.
All’esterno il teatro appare stretto fra gli edifici circostanti e la facciata può essere osservata nella sua interezza solo da una posizione laterale a causa della vicinanza con l’edificio di rimpetto. La facciata posteriore rimane più scoperta ed è visibile, anche essa non perfettamente, dalle piazze Oberdan e Mazzini.

 Il lato ovest, Largo Cairoli, offre una visuale più ariosa della struttura e permette di osservare il tamburo che sostiene la cupola ricoperta da lastre di piombo.
La sala principale, che con il restauro del 2005 ha ritrovato le tonalità “crema” della sua prima apertura nel'800, appare con una platea di 230 poltroncine rosse divisa in due da un corridoio centrale. Sul perimetro si alzano tre ordini di palchi per un totale di 72 palchetti, 24 per piano, sormontati da un loggione, mentre frontalmente al palcoscenico, al livello del secondo ordine di palchi e immediatamente sopra all'ingresso si pone il palco reale, decorato sul soffitto da un ovale a tempera di Giuseppe Casa. I balconi del secondo e del terzo ordine di palchi, cosi come quello del loggione, sono decorati da putti e stucchi che rappresentano vari musicisti i cui nomi sono riportati immediatamente sotto. Il loggione in origine poteva accogliere più di cento persone, tuttavia oggi, per questioni di sicurezza è predisposto per ospitare solo trentatré spettatori. L'intero ambiente è sovrastato da una grande cupola affrescata.
L’originale dipinto della cupola era di Giuseppe Casa. Tale dipinto, lesionato dal terremoto del 1898 venne sostituito nel 1901 da un’opera di Giulio Rolland che celebra il trionfo di Tito e Flavio a Roma in seguito alla vittoria su Gerusalemme.
Il Teatro Flavio Vespasiano è noto per la sua ottima acustica, caratteristica questa che ha ricevuto un riconoscimento ufficiale nel 2002 quando Uto Ughi ha stabilito l'assegnazione della prima edizione del Premio Nazionale per l'acustica proprio al teatro di Rieti, mentre il professor Bruno Cagli, presidente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, ha definito il Teatro Flavio Vespasiano il migliore al mondo sotto tale punto di vista.

martedì 27 dicembre 2011

Terminillo una storia da raccontare


di Franco Ferriani (tratto da terminillo.it)
Era il 1923 quando il Regio Decreto del 4 marzo riuniva la Sabina al Lazio. Nello stesso anno un altro avvenimento conferiva lustro a Rieti con la nomina a Governatore di Roma di Lodovico Spada Veralli Potenziani, Principe di San Marino, patrizio di Bologna, Roma, Forlì, Faenza, Rieti, e latifondista della piana reatina. Potenziani, all’epoca già stimatissimo per i molteplici incarichi pubblici ricoperti (anche presidente dell’Istituto Internazionale di Agricoltura che dopo la guerra dette origine alla F.A.O.), fu contattato intorno al 1932 dal ministro dell’agricoltura Giacomo Acerbo e dall’On. Manaresi perché collaborasse alla realizzazione di un polo turistico montano da affiancare a quello marino di Ostia voluto dal fascismo.
Potenziani fu il personaggio giusto in quanto reatino di adozione, incantato da quella montagna che vedeva ogni giorno dalla sua villa di Colle S. Mauro, montagna decantata da M. Terenzio Varrone, da Virgilio e da Silio ltalico in epoca romana con nomi, anche terrificanti per quel tempo, quali «tetricae horrentes rupes» o «gurgures alti montes» ma successivamente indicato con i toponimi di «Termenile», «Terminello» e infine Terminillo. Il caso volle che il principe fosse anche presidente della Società Romana Costruzioni Meccaniche del Conte Ettore Manzolini di Roma (che fabbricava le bombe a mano SRCM colorate di rosso), il quale, convinto anche dalla necessità di ottenere commesse belliche, accettò di finanziare l’operazione Terminillo costituendo la Società Anonima Funivie del Terminillo nel 1934 con il capitale di quattro milioni di lire. Nel progetto originale infatti erano previsti tre impianti funiviari che dovevano collegare Campoforogna al M. Terminilluccio, quest’ultimo al M. Terminilletto e infine l’attuale funivia. Questo fu l’avvio di un turismo industrializzato, ma prima?
Certamente nei secoli fu percorsa da pastori, da boscaioli, carbonari e, nientemeno, nell’800 da cavatori di neve e ghiaccio, i quali, con sistemi rudimentali, riuscivano a conservare questa merce particolare vendendola fino a Roma. Notizie storiche dicono che le coltivazioni e alcune abitazioni si trovassero anche oltre i mille metri ed in località «Costadora», a monte di Pian di Rosce,è ancora possibile vedere terrazzamenti, alberi da frutto e qualche rudere, mentre nella tradizione delle popolazioni montanare il toponimo «Campo Forogna» viene ricondotto al latino «campus forum» dove cioè salivano gli abitanti dei vari paesi a fare mercato.
Ma torniamo ai primi approcci che all’inizio del 1900 si limitano a pochi appassionati ed alpinisti del C.A.I. di Rieti e di Roma che si avvalgono di guide dei paesi pedemontani alcuni dei quali famosi come Giuseppe Munalli di Lisciano, capostipite, ed ancora Orlando Rossi accompagnatore personale di Mussolini. Con quest’ultimo, a dorso di mulo, risaliva la ripida mula-tiera passando per le poche case di «Macchiole», «Pian di Rosce», il vallone di «Miglionico» fino all’unico ostello esistente a quota 1615, rustico, tutto in legno e intitolato ad un eroe di guerra, «la capanna Trebiani». L’altro ricovero che ritroviamo fin dal 1903 è il «Rifugio Umberto I°» (questa struttura in legno nel 1901 fu prima presentata alla Expo Universal de Paris dal C.A.I.), molto più in alto a 2108 metri, meta privilegiata solo per audaci alpinisti.
Finalmente nel 1933 Mussolini ordina al Podestà Avvocato A. Mario Marcucci la costruzione della strada «4 bis Salaria» per il Terminillo. Il povero Avvocato ebbe notevoli problemi con i propri cittadini, n quanto dovette stornare una buona parte dei milioni destinati alla bonifica della pianura reatina. Forse è per questo che molti reatini odiarono il Terminillo. I lavori della strada, comunque, progredirono celermente, tanto che due anni dopo era percorri bile fino a Pian di Rosce (1080 mt.) dove la famiglia del Cav. Giuseppe Amici con la moglie Florinda nata Petroni apre un ristoro ( è ancora visibile) installando anche una pompa per la benzina. Il Duce amava rifocillarsi qui durante le sue escursioni e Florinda diverrà la sua cuoca quando sarà operativo nel 1939 l’albergo «Roma» a Pian de’ Valli comprendente l’appartamento presidenziale riservato alla famiglia Mussolini. A quella data la stazione turistica del Terminillo è già una realtà. Nel 1938 la strada è terminata e transitabile anche d’inverno, il R.A.C.I. ha realizzato un garage pubblico con annesso edificio comprendente locali e servizi (toilettes, per capirci, cosa di cui oggi si lamenta la carenza), ed un altro locale a Campoforogna. La Funivia del Terminillo S.A. ha in servizio l’impianto Pian de’ Valli M. Terminilluccio (1870 mt.) e due ristoranti gestiti dal bolognese Gubellini nei locali panoramici delle stazioni. Nel gennaio del 1940 entra in funzione anche la sciovia delle Carbonaie, realizzazione del tutto innovativa per l’epoca e vanto della Romana S.R.C.M. del Conte Manzolini. Il Conte è Amministratore delegato della società Funivie, ne è direttore ed in parte costruttore l’Ing. Cesare Ferriani e Presidente il dinamicissimo Principe Lodovico Potenziani. L’apertura degli alberghi (si usava dire «di lusso») Roma e Savoia e di altri quali la «Stella Alpin» e il «Cavallino Bianco» dei cugini Rossi, il rifugio della società «acciaierie di Temi», il «CRAL dell’Aeronautica», «La Parioli», ostello per sciatori di elite della «Roma bene», unitamente alle strutture ed alle iniziative descritte, fanno del Terminillo una delle prime stazioni turistiche a livello nazionale. Nel 1940 l’Associazione Nazionale Alpini inaugura la chiesetta, dedicata alla Madonna della vittoria con annesso sacrario degli Alpini caduti in Africa Orientale. Il complesso votivo sorge a monte del residence Roma (ex albergo) ne è progettista l’ingegnere alpino Luigi Salvi e direttore dei lavori Cesare Ferriani ufficiale degli alpini anch’egli.
Il 1940 è l’anno che vede l’arrivo di molte personalità romane attirate da questa montagna per la sua bellezza, ma anche per il suo «appeal» politico. È così che sorgono le ville del conte Carletti , del famoso pilota Colonnello De Bernardi, collaudatore del primo prototipo di aereo a reazione realizzato dalla soc. Caproni, dell’Avv. Cassinelli, famoso penalista, dell’Avv. Brenciaglia, dell’ing. Parboni, dell’ex re dell’Afganistan, e di altri insigni personaggi le cui ville sono tutte ubicate a valle del Savoia lungo la 4bis. Anche in località Campoforogna nascono nuovi insediamenti alla fine degli anni ’30. Sotto «Colle Scampetti» vediamo la casermetta della «Guardia Forestale», «il Governatorato», costruzione in pietra voluta da Potenziani, l’albergo «C.I.T.» di eguale fattura e la villa del principe Francesco Chigi della Rovere, cameriere segreto del Papa, capo della Congregazione dei nobili presso lo Stato Vaticano e grande amico del Terminillo. Lo stile della villa è molto simile all’architettura della stazione superiore Funivia, ambedue opere dell’ing. Tadolini, architetto di casa reale e nipote del famoso Scipione architetto e scultore anch’esso.
Parlando di villa Chigi e del suo proprietario, va fatta chiarezza su quali fossero i frequentatori ospiti del principe. C’è una falsa diceria relativa ad una presunta presenza di Mussolini. Il Duce non fu mai ospite dei Chigi. Questa asserzione è motivata soprattutto dal fatto che all’epoca il Vaticano e lo Stato fascista non andavano molto d’accordo perché i «Patti Lateranensi» erano ancora in fase di «collaudo» con segnali di reciproca diffidenza. A proposito di Mussolini va anche detto che un certo Ing. Patter, inventore di un materiale da costruzione autarchico, provò a regalare al Duce una villetta prefabbricata ubicata dove ora sorge il complesso residenziale «il Villaggio», ma Mussolini rifiutò.
A commento di questa prima età urbanistica terminillese si può affermare che progettisti, imprenditori e proprietari, si attennero a principi costruttivi ed ambientali tesi alla salvaguardia della natura ed a una architettura sobria e insieme montanara. In particolare fu l’Ingegner Parboni proprietario di una bella villa, successivamente acquistata dal costruttore Talenti, a indicare le linee guida per uno stile architettonico montanaro personalizzato per il Ter-minillo. Infatti, i materiali da costruzione utilizzati furono prevalentemente il legno, la pietra scalpellata per gli esterni, mentre il cemento armato era imposto per le norme antisismiche attuate dopo il terremoto di Avezzano del 1915. In parte questo suggerimento fu seguito, ma purtroppo solo allora!
La vita mondana terminillese in quell’epoca felice si svolge nei due migliori alberghi Roma e Savoia dove vediamo il Savoia, frequentato dai «realisti» e il Roma, dai «fascisti». I clienti sono di alto rango, l’aristocrazia romana al Savoia e le alte gerarchie fasciste al Roma, cosa che fa nascere una rivalità accesa fra il Col. Zamboni proprietario del Savoia e il Cav. Amici del Roma. Tanto accesa fu che alla fine della guerra Zamboni denunciò la famiglia Amici che finì in campo di concentramento a Temi con l’accusa di collaborazionismo, fascismo e chi più ne ha più ne metta. Con l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale il Terminillo diventerà, a seguito del peggioramento della situazione e dei bombardamenti, un centro per sfollati abbienti comprese le famiglie di molti gerarchi fascisti, di industriali e di aristocratici. Fra i molti ricordiamo i figli di Mafalda di Savoia, i Pavolini, i Peroni, i Ruspoli, i Riario Sforza, i Chigi e tanti altri. Con l’armistizio dell’8 settembre le cose cominciano a peggiorare. Mussolini è prigioniero al Gran Sasso. La notizia della sua liberazione per via aerea con la «cicogna» del Col. Tedesco Skorzeny, giunge per prima al ponte radio della società Marelli situato sul M. Terminilluccio nei locali della Funivia; il successivo proclama del maresciallo Badoglio suscita panico nei molti sfollati fascisti che poi esulteranno all’arrivo degli «Alpen-Jegher» di Hitler. In quel periodo lassù si parlava molto il tedesco perche molte famiglie altolocate affidavano i loro figli alle «schwester» teutoniche, famose come educatrici. L’occupazione germanica non porta al Terminillo particolari motivi di tensione o paura, infatti l’abitato viene trasformato in lazzaretto, con tanto di grandi croci rosse sui tetti, per ricevere e curare feriti e malati reduci dal mattatoio di monte Cassino. Nelle ultime settimane di caos, prima dell’arrivo degli alleati il principe Potenziani ha in mente di organizzare la resistenza sul Terminillo per accelerare la cacciata dei tedeschi e, molto ingenuamente, telefona a Ferriani proponendo un armamento costituito da «due casse di miei fucili da caccia», Ferriani trovò la cosa tardiva e impraticabile. Fortuna volle che arrivassero gli alleati a Rieti nell’estate del 1944 al comando del tenente colonnello H. S. Robinson e che una squadra di guastatori tedeschi non riuscisse, per mancanza di tempo, a far saltare buona parte del Terminillo. Come già accennato anche lassù si scatenarono le vendette ma non fecero grande danno visto che gli Alleati operarono più da pacieri che non da occupanti, fatta eccezione per la famiglia Amici alla quale requisirono l’albergo Roma per farne il comando. Ma la guerra non era ancora finita e i liberatori organizzarono una «mountain school» per l’addestramento delle truppe di montagna necessarie ad una eventuale resistenza tedesca sulle Alpi, cosa che poi non avvenne. Nel 1945 le truppe di montagna alleate avevano già dei veicoli cingolati da neve prodotti dalla Canadese Bombardier, antesignani degli attuali «gatti della neve».
Nel dopoguerra la vita terminillese riprende a trascorrere in un tranquillo torpore fino al 1949 quando, con grande pompa viene posta la prima pietra per l’erigendo tempio di S. Francesco voluto dal Parroco frate Riziero Lanfaloni e dalle di Lui fatiche. Il terreno fu donato dalla Società Funivia. Nel 1949 riprende anche la vita mondana con il matrimonio di Gina Lollobrigida e Mirko Skofic. La cerimonia fu officiata nella Chiesetta degli Alpini da Padre Riziero, con Franco Ferriani chierichetto e tutti i maestri di sci di allora schierati con un arco di trionfo fatto con gli sci.
 Gli anni ’50 rappresentano la seconda età felice per il turismo e la vitalità della stazione turistica. Attori e attrici soggiornano al Terminillo, G. Cervi, R. Vallone, M. Girotti, R. Podestà, E. Rossi Drago, B. Modugno, C. del Poggio, A.M. Ferrero, M. Vlady-Versois, E. de Filippo, T. Pica, il regista Zampa e molti altri ancora che dopo lo sci allietano le proprie serate al night «la Tavernetta» di Dino Zamboni dove suona il complesso composto da strumentisti che poi si uniranno a Peppino di Capri, come il famoso sassofonista Gabriele Varano. All’albergo Roma soggiorna spesso l’ex Re Faruk d’Egitto con il suo seguito ormai ridotto al minimo, ma il grande appartamento che fu dei Mussolini è ora occupato dai Duchi Parodi Delfino. Alla luce di questa nuova vitalità nascono molti alberghi, il Cristallo (primo progetto ridotto), la Piccola Baita (Ing. Provenzani), La Genzianella (della Signora Lena Petroni-Amici) e l’Aurora dei Turilli, proprietari dell’Hotel Plaza di Roma. Il periodo compreso fra il 1955 e il 1965 possiamo definirlo il fulcro dello sviluppo turistico. La società Funivia costruisce la seggiovia del Terminilletto che sale fino a quota 2108, le sciovie Nord, Sud, Togo, le 2 del Terminilluccio e la Fiorito. Franco Ferriani si inserisce nel carosello con le sciovie Terminilluccio Est e Colle Scampetti a Campoforogna e il Signor Rosselli di Roma installa una sciovia alla Sella di Leonessa. Anche gli alberghi, elemento principe per un turismo di qualità, crescono di numero con il Togo Palace di C. Mariozzi, il Bucaneve della veterana terminillese Vittoria Faraglia, il Tre Cime, La Malga, e il Ghiacciolo a Campoforogna. Questa atmosfera euforica che si è ormai consolidata anche economicamente, crea molte speranze per il futuro sviluppo, ma purtroppo le autostrade favoriranno le località alpine e gli estimatori del Terminillo inizieranno sempre di più a parlare di «quelli del nord». Il resto di questa storia è noto. I residences cresciuti come funghi hanno contribuito a congelare il «turn over» dei flussi turistici unitamente alla cecità di alcune amministrazioni che hanno permesso la riconversione in condomini di molti alberghi, ponendo sempre meno attenzione alle grandi potenzialità del Terminillo. La Regione Abruzzo, grazie all’azione dei propri politici, ha surclassato turisticamente le località del Lazio e le capacità imprenditoriali dei privati. Ma allora tutto sta andando male? Pare che il 2005 stia creando le aperture per una inversione di tendenza, molte cose stanno migliorando, nuovi investitori hanno fiducia in questa montagna perché lo merita per le sue bellezze naturali, per il suo clima, per un intorno pedemontano ricchissimo di storia, di cultura, di archeologia, di laghi, di terme, di prodotti, di architetture pregievoli, e di artigianato, il tutto a due passi.

La Valle Santa

La Valle Santa e San Francesco
Il massiccio del Terminillo"...Francesco, ha santificato Assisi, sua città natale, ma rifulse nella provincia di Rieti per una speciale predilezione e per lo splendore dei molti miracoli."
Anonimo Reatino, Actus Beati Francisci in Valle Reatina, P 7, a c. di A. Cadderi, Assisi, Edizioni Porziuncola, 1999

La Valle Santa è una pianura, dalla forma quasi circolare, chiusa lungo tutto il perimetro da colline e monti, come il Terminillo. In questo anfiteatro naturale sono collocati i quattro Santuari francescani, idealmente disposti alle quattro estremità di una croce mistica.
Tanti sono i motivi che hanno condotto San Francesco a Rieti, tra questi certamente vi fu la bellezza della natura.
La pianura è fertilissima e ancor oggi, come nei secoli passati, alimenta la sua gente. Così, durante l'estate, puoi ammirare la piana che si trasforma in un mare giallo di grano.
I monti sono coperti da boschi secolari, dominati dalla quercia, dai faggi, dai castagni da frutto, dagli elci e dai carpini. A quote più alte prosperano abeti, larici e agrifogli.
Le abbondanti acque dolci della Valle Santa sono famose in tutto il mondo per la loro purezza.
Il fiume Velino, dal blu intenso, solca tutta la pianura ed entra nella città di Rieti portandovi trote e germani reali. I torrenti, come il Turano, scorrono veloci tra rocce e boschi. Dal suolo emergono sorgenti spettacolari come quelle del Santa Susanna.
La Valle Santa stessa era in origine occupata da un enorme lago, il lago Velino. Nel 271 a. C. i Romani intrapresero la bonifica dell'area. A testimoniare quell'antica distesa d'acque resta oggi l'incantevole Riserva Naturale del Laghi Lungo e Ripasottile. Qui, tra canneti fittissimi e ninfee bianche, potrai ammirare l'airone bianco, l'airone cenerino, il germano reale e tanti altri animali.

Ricette Reatine


Antipasti                                                              

Pasta, pane, biscotti 

Primi piatti 

Secondi Piatti 

Dolci                        Stracci di Antrodoco

Salse e condimenti        Fregnacce Reatine al tartufo

 Porchetta di Poggio Bustone

 Abbacchio alla scottadito


  Filetti di trota al tartufo    
                                                                    Pizza di Pasqua


        
  Bucatini all'amatriciana 










lunedì 26 dicembre 2011

SANTA BARBARA





……nell'antico Codice cartaceo del XIV sec. dell'Archivio Capitolare di Rieti si legge che "in quel tempo Massimiano, che era venerato non soltanto come Augusto in Roma, ma in tutto il mondo, chiamò a se per ragioni di governo Dioscoro, e per la illustre rinomanza di lui sempre di più ed in più modi crescente, non solo lo incaricò di elevatissimi uffici direttivi, ma lo fece immediatamente cittadino romano, lo ricolmò di possedimenti e di grandi ricchezze presso Numanzia, in quella parte di territorio che oggi si chiama Scandriglia" (Prope Numantiam in ea parte, quae nunc Scandriglia dicitur).


Santa Barbara nacque a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia) nel 273 d.C.. La sua vita riservata, intenta allo studio, al lavoro e alla preghiera la definì come ragazza barbara, cioè non romana. Era una denominazione di disprezzo. E' questo il nome a noi pervenuto da quello suo proprio. Tra il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano, era un collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. Quest'ultimo gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina. Dioscoro fece costruire una torre per difendere e proteggere Barbara durante le sue assenze. Il progetto originario prevedeva due finestre che diventarono tre (in riferimento alla Croce) secondo il desiderio della ragazza. Fu costruita anche una bellissima vasca a forma di Croce. Sia la finestra che la vasca non erano altro che i simboli del cristianesimo a cui la ragazza si era convertita. La tradizione afferma che proprio nella vasca Barbara ricevette il battesimo per la visione di San Giovanni Battista. La manifestazione di fede di Barbara provocò l'ira di Dioscoro; essa allora per sfuggire a quest'ultimo si nascose nel bosco dopo aver danneggiato gran parte degli dei pagani della sua villa. La tradizione popolare scandrigliese afferma che essa si rifugiava in una nicchia scavata all'interno di una roccia (dicitura indicata come riparo di Santa Barbara in località "Le Scalelle") e fu trovata per la delazione di un pastore lì presente. Dioscoro la consegnò al prefetto Marciano con la denuncia di empietà verso gli dei e di adesione alla religione cristiana. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la Fede Cristiana: fu così torturata e graffiata mentre cantava le lodi al Signore. Il giorno dopo aumentarono i tormenti mentre la Santa sopportava ogni prova col fuoco. Il 4 dicembre letta la sentenza di morte Dioscoro prese la treccia dei capelli e vibrò il colpo di spada per decapitarla. Insieme a Santa Barbara subì il martirio la sua amica Santa Giuliana, questo avvenne nella zona campestre indicata nei codici antichi con una espressione generica "ad aram solis" o "in loco solis" (denominazione della zona Costa del sole oggi denominata Santa Barbara). Il cielo si oscurò e un fulmine colpì Dioscoro. La tradizione scandrigliese invoca la Santa contro i fulmini, il fuoco, la morte improvvisa, il pericolo ecc. Il nobile Valenzano curò la sepoltura del corpo della Santa presso una fonte (sorgente di Santa Barbara) che diventò una meta di pellegrinaggio per l'acqua miracolosa. Quando l'imperatore Costantino nel 313 consentì di rendere un culto esterno ai martiri, i fedeli ornarono il sepolcro e di seguito vi costruirono un oratorio (che si ritiene del VI secolo). Nel secolo IX decadde dal suo primitivo splendore e nel secolo X si poteva considerare abbandonato a seguito dell'invasione saracena. Passata l'invasione attorno all'anno 1000 fu eretta una chiesa completamente rifatta che esiste ancora oggi. Tra il 955 ed il 969 i Reatini organizzarono una spedizione a Scandriglia (che oggi si trova in provincia di Rieti) e dopo varie ricerche trovarono il suo corpo. Fu sottratto ai ricercatori di corpi santi e portato al sicuro nella Cattedrale di Rieti dove ancora oggi riposa sotto l'altare maggiore. Santa Barbara è la patrona di Rieti e di  
Cappella dedicata a Santa Barbara
Scandriglia. Santa Barbara fu onorata fin dai tempi più antichi, presso i Siri, i Moscoviti, i Greci ed i Latini. All’inizio come protettrice delle opere fortificate e delle torri in particolare. E’ opinione degli studiosi che Santa Barbara divenne Patrona delle milizie solo dopo l’ invenzione della polvere da sparo. Essa sarebbe stata la protettrice divina dei soldati addetti ai depositi delle polveri e degli ordigni di guerra, così come per i marinai aventi in custodia gli esplosivi a bordo delle navi. È da ricordare che mentre la polvere nera era conosciuta dai cinesi nei primi secoli dell’era cristiana, ma usata solo per fuochi d’artificio, compare in Europa come polvere da sparo solo nel secolo XIV° e viene usata come mezzo di distruzione. Precisamente nella prima metà del XIV° 
secolo ha inizio il culto dei militari per la gloriosa S anta Barbara, in corrispondenza dell’intervento delle più antiche bocche da fuoco delle milizie pontificie.
Gli artiglieri scelsero la Santa come patrona a cominciare dal 1529. Quale protettrice contro i fulmini, sin dal 1583 nella fortezza di Castel Nuovo a Napoli, i bombardieri riuniti in una associazione, onoravano ed invocavano la Vergine Nicomediense.

Il Papa Pio XII°, il 4 dicembre 1951 proclamava solennemente Santa Barbara di Nicomedia ¬ Celeste Patrona degli Artiglieri, dei Marinai, dei Genieri, e dei Vigili del Fuoco italiani.

La Storia di Rieti



                                                
capoluogo della provincia detta "Sabina" perché abbraccia, quasi per intero, il territorio anticamente abitato dal popolo dei Sabini, è ubicata nel centro geografico d'Italia (Umbilicus Italiae).
Già forte "oppidum" dei Sabini, in seguito importante municipium romano, è la patria di Marco Terenzio Varrone, il celebre scrittore definito, dai suoi contemporanei, "padre della romana erudizione".
La città fu occupata proprio dai Romani nel 290 a.C. (da Marco Curio Dentato) e venne sottomessa dal dominio dei Romani, però ottenne dei benefici come lo sviluppo economico dovuto al commercio e alle numerose opere di costruzione e di bonifica e come avvenne per il prosciugamento delle campagne circostanti grazie alla realizzazione di un emissario sotterraneo (Cava Curiana) permettendo alle acque del fiume Velino di precipitare rovinosamente da un'altissima roccia, sulle acque del fiume Nera.
L'opera di bonifica portò in superficie la vastissima estensione dell'agro reatino, ma fu la causa di continue e sanguinose contese con i ternani, che ne rivendicavano il possesso, per tutto il medioevo, fino ad arrivare al XVIII secolo.
Rieti ottenne anche il diritto di suffragio e divenne Prefettura.
Fu sottomessa dai Barbari, i Goti e quando scesero i Longobardi venne annessa al ducato di Spoleto. Se la prepotenza e l'arroganza di questi invasori poteva rappresentare una crudeltà per il popolo reatino, le scorrerie saracene furono alquanto feroci e sanguinose. Nel 1149, l'esercito del Re normanno Ruggero di Sicilia, dopo aver occupato la Marsica e parte del ducato di Spoleto assediò Rieti saccheggiandola e devastandola per punirla dei rapporti sostenuti con i Conti de' Marsi.
Ma non fu la fine per Rieti, col tempo riprese a vivere e nel 1171 si elesse libero comune e qualche anno dopo, promettendo obbedienza e fedeltà, riconobbe la sovranità di Papa Innocenzo III.
I secoli successivi furono alquanto duri, Rieti dovette far fede alle promesse fatte al papato e scese più volte in guerra per difendere la città ed il territorio della Sabina contro nuovi e prepotenti casati, ma anche alla durezza degli eserciti di Germania degli imperatori di Hohenstaufen, tra cui il sanguinario Federico Barbarossa prima e suo nipote Federico II dopo. Successivamente dovette scontrarsi anche con le vicine città di Cittaducale, Lugnano e Cantalice, ma anche con i ternani che tentavano di appropriarsi del controllo delle acque del Velino.
Alla fine del XVIII sec. venne occupata dalle truppe francesi, e successivamente dai reazionari abruzzesi e napoletani e via via un susseguirsi di scontri alternati a momenti di relativa pace fino all'unione d'Italia. Infine, nel 1927 venne per la terza volta elevata a capoluogo della provincia reatina.
Nonostante gli assedi, le guerre, i saccheggi e le devastazioni subite nei secoli, Rieti mantiene ancora oggi preziosi monumenti e importanti opere architettoniche.
L'ambiente è circondato da una natura incontaminata: colline verdi, boschi e foreste d'alto fusto, fiumi dalle limpide acque, laghi che appaiono come specchi d'acqua incastonati in paesaggi unici, ai piedi di montagne innevate.
Non va dimenticato che, a due miglia dalla città, il 7 marzo 1821, fu combattuta la prima, anche se infelice battaglia per l'indipendenza e l'unità d'Italia, tra le milizie costituzionali napoletane di Guglielmo Pepe e le truppe imperiali austriache.