Il Geometra di Rieti del 1967
INNO DELLA SCUOLA MILITARE (Accademia di Modena)
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IL "Geometra" Comandante del 1° Battaglione Difesa NBC
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sabato 4 ottobre 2014
martedì 23 settembre 2014
giovedì 29 maggio 2014
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giovedì 29 dicembre 2011
IL TEATRO FLAVIO VESPASIANO
Il bisogno di realizzare questa struttura nacque quando nel 1882 una legge che dichiarava inagibili i teatri lignei determinò la chiusura del Teatro dei Condomini costruito fra il 1765 e il 1768 in via Terenzio Varrone (struttura preceduta dal Teatro dell’Accademia sito nello stesso luogo e demolito per far posto al successivo.) Tuttavia l’idea di una struttura più ampia era già stata valutata anni prima. Un primo progetto infatti, opera dell’architetto Luigi Poletti, prevedeva la costruzione di una struttura in piazza Oberdan, ma l’idea venne accantonata e le “redini” del progetto vennero affidate all’architetto Vincenzo Ghinelli il quale individuò un nuovo sito in un’area su via Garibaldi. L’opera si dimostrò molto costosa tanto che nel 1859 fu coinvolta nell’iniziativa anche la Cassa di Risparmio della città e 8 anni più tardi il Comune rilevò la completa gestione dei lavori affidandoli all’architetto Achille Sfondrini. Anche l’assegnazione del nome non fu facile. Da una parte c’era chi chiedeva che la nuova struttura venisse intitolata al compositore Reatino Giuseppe Ottavio Pitoni, dall’altra chi sosteneva il nome dell’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano, rimproverando al Maestro un’appartenenza troppo clericale e furono poi proprio quest’ultimi a prevalere. Dopo le difficoltà iniziali quindi, il nuovo Teatro della città cominciò a prendere forma e venne finalmente inaugurato il 20 settembre 1893 con il Faust di Gounod e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Alla fine degli anni novanta del secolo scorso, il teatro è stato restaurato restituendo anche alle facciate, che ormai erano estremamente rovinate, un aspetto decisamente più dignitoso. Nel 2005 altri lavori per l’adeguamento alle norme di sicurezza relative ai locali destinati a manifestazioni pubbliche ne hanno determinato la chiusura, cessata poi il 10 gennaio 2009 con un concerto inaugurale sulle note di musiche eseguite dall'Opera studio dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia e di Roma, diretta dal maestro Marcello Rota. Gli interventi effettuati hanno permesso anche di riportare i colori della sala principale alle tonalità chiare originali e di restaurare ori e stucchi consumati dal tempo.
All’esterno il teatro appare stretto fra gli edifici circostanti e la facciata può essere osservata nella sua interezza solo da una posizione laterale a causa della vicinanza con l’edificio di rimpetto. La facciata posteriore rimane più scoperta ed è visibile, anche essa non perfettamente, dalle piazze Oberdan e Mazzini.

La sala principale, che con il restauro del 2005 ha ritrovato le tonalità “crema” della sua prima apertura nel'800, appare con una platea di 230 poltroncine rosse divisa in due da un corridoio centrale. Sul perimetro si alzano tre ordini di palchi per un totale di 72 palchetti, 24 per piano, sormontati da un loggione, mentre frontalmente al palcoscenico, al livello del secondo ordine di palchi e immediatamente sopra all'ingresso si pone il palco reale, decorato sul soffitto da un ovale a tempera di Giuseppe Casa. I balconi del secondo e del terzo ordine di palchi, cosi come quello del loggione, sono decorati da putti e stucchi che rappresentano vari musicisti i cui nomi sono riportati immediatamente sotto. Il loggione in origine poteva accogliere più di cento persone, tuttavia oggi, per questioni di sicurezza è predisposto per ospitare solo trentatré spettatori. L'intero ambiente è sovrastato da una grande cupola affrescata.
L’originale dipinto della cupola era di Giuseppe Casa. Tale dipinto, lesionato dal terremoto del 1898 venne sostituito nel 1901 da un’opera di Giulio Rolland che celebra il trionfo di Tito e Flavio a Roma in seguito alla vittoria su Gerusalemme.
Il Teatro Flavio Vespasiano è noto per la sua ottima acustica, caratteristica questa che ha ricevuto un riconoscimento ufficiale nel 2002 quando Uto Ughi ha stabilito l'assegnazione della prima edizione del Premio Nazionale per l'acustica proprio al teatro di Rieti, mentre il professor Bruno Cagli, presidente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, ha definito il Teatro Flavio Vespasiano il migliore al mondo sotto tale punto di vista.
martedì 27 dicembre 2011
Terminillo una storia da raccontare
Era il 1923
quando il Regio Decreto del 4 marzo riuniva la Sabina al Lazio. Nello
stesso anno un altro avvenimento conferiva lustro a Rieti con la nomina a
Governatore di Roma di Lodovico Spada Veralli Potenziani, Principe di
San Marino, patrizio di Bologna, Roma, Forlì, Faenza, Rieti, e
latifondista della piana reatina. Potenziani, all’epoca già stimatissimo
per i molteplici incarichi pubblici ricoperti (anche presidente
dell’Istituto Internazionale di Agricoltura che dopo la guerra dette
origine alla F.A.O.), fu contattato intorno al 1932 dal ministro
dell’agricoltura Giacomo Acerbo e dall’On. Manaresi perché collaborasse
alla realizzazione di un polo turistico montano da affiancare a quello
marino di Ostia voluto dal fascismo.

Potenziani
fu il personaggio giusto in quanto reatino di adozione, incantato da
quella montagna che vedeva ogni giorno dalla sua villa di Colle S.
Mauro, montagna decantata da M. Terenzio Varrone, da Virgilio e da Silio
ltalico in epoca romana con nomi, anche terrificanti per quel tempo,
quali «tetricae horrentes rupes» o «gurgures alti montes» ma
successivamente indicato con i toponimi di «Termenile», «Terminello» e
infine Terminillo. Il caso volle che il principe fosse anche presidente
della Società Romana Costruzioni Meccaniche del Conte Ettore Manzolini
di Roma (che fabbricava le bombe a mano SRCM colorate di rosso), il
quale, convinto anche dalla necessità di ottenere commesse belliche,
accettò di finanziare l’operazione Terminillo costituendo la Società
Anonima Funivie del Terminillo nel 1934 con il capitale di quattro
milioni di lire. Nel progetto originale infatti erano previsti tre
impianti funiviari che dovevano collegare Campoforogna al M.
Terminilluccio, quest’ultimo al M. Terminilletto e infine l’attuale
funivia. Questo fu l’avvio di un turismo industrializzato, ma prima?
Certamente nei secoli fu percorsa da pastori, da boscaioli, carbonari e,
nientemeno, nell’800 da cavatori di neve e ghiaccio, i quali, con
sistemi rudimentali, riuscivano a conservare questa merce particolare
vendendola fino a Roma. Notizie storiche dicono che le coltivazioni e
alcune abitazioni si trovassero anche oltre i mille metri ed in località
«Costadora», a monte di Pian di Rosce,è ancora possibile vedere
terrazzamenti, alberi da frutto e qualche rudere, mentre nella
tradizione delle popolazioni montanare il toponimo «Campo Forogna» viene
ricondotto al latino «campus forum» dove cioè salivano gli abitanti dei
vari paesi a fare mercato.
Ma torniamo ai primi approcci che
all’inizio del 1900 si limitano a pochi appassionati ed alpinisti del
C.A.I. di Rieti e di Roma che si avvalgono di guide dei paesi
pedemontani alcuni dei quali famosi come Giuseppe Munalli di Lisciano,
capostipite, ed ancora Orlando Rossi accompagnatore personale di
Mussolini. Con quest’ultimo, a dorso di mulo, risaliva la ripida
mula-tiera passando per le poche case di «Macchiole», «Pian di Rosce»,
il vallone di «Miglionico» fino all’unico ostello esistente a quota
1615, rustico, tutto in legno e intitolato ad un eroe di guerra, «la
capanna Trebiani». L’altro ricovero che ritroviamo fin dal 1903 è il
«Rifugio Umberto I°» (questa struttura in legno nel 1901 fu prima
presentata alla Expo Universal de Paris dal C.A.I.), molto più in alto a
2108 metri, meta privilegiata solo per audaci alpinisti.
Finalmente nel 1933 Mussolini ordina al Podestà Avvocato A. Mario
Marcucci la costruzione della strada «4 bis Salaria» per il Terminillo.
Il povero Avvocato ebbe notevoli problemi con i propri cittadini, n
quanto dovette stornare una buona parte dei milioni destinati alla
bonifica della pianura reatina. Forse è per questo che molti reatini
odiarono il Terminillo. I lavori della strada, comunque, progredirono
celermente, tanto che due anni dopo era percorri
bile
fino a Pian di Rosce (1080 mt.) dove la famiglia del Cav. Giuseppe
Amici con la moglie Florinda nata Petroni apre un ristoro ( è ancora
visibile) installando anche una pompa per la benzina. Il Duce amava
rifocillarsi qui durante le sue escursioni e Florinda diverrà la sua
cuoca quando sarà operativo nel 1939 l’albergo «Roma» a Pian de’ Valli
comprendente l’appartamento presidenziale riservato alla famiglia
Mussolini. A quella data la stazione turistica del Terminillo è già una
realtà. Nel 1938 la strada è terminata e transitabile anche d’inverno,
il R.A.C.I. ha realizzato un garage pubblico con annesso edificio
comprendente locali e servizi (toilettes, per capirci, cosa di cui oggi
si lamenta la carenza), ed un altro locale a Campoforogna. La Funivia
del Terminillo S.A. ha in servizio l’impianto Pian de’ Valli M.
Terminilluccio (1870 mt.) e due ristoranti gestiti dal bolognese
Gubellini nei locali panoramici delle stazioni. Nel gennaio del 1940
entra in funzione anche la sciovia delle Carbonaie, realizzazione del
tutto innovativa per l’epoca e vanto della Romana S.R.C.M. del Conte
Manzolini. Il Conte è Amministratore delegato della società Funivie, ne è
direttore ed in parte costruttore l’Ing. Cesare Ferriani e Presidente
il dinamicissimo Principe Lodovico Potenziani. L’apertura degli alberghi
(si usava dire «di lusso») Roma e Savoia e di altri quali la «Stella
Alpin» e il «Cavallino Bianco» dei cugini Rossi, il rifugio della
società «acciaierie di Temi», il «CRAL dell’Aeronautica», «La Parioli»,
ostello per sciatori di elite della «Roma bene», unitamente alle
strutture ed alle iniziative descritte, fanno del Terminillo una delle
prime stazioni turistiche a livello nazionale. Nel 1940 l’Associazione
Nazionale Alpini inaugura la chiesetta, dedicata alla Madonna della
vittoria con annesso sacrario degli Alpini caduti in Africa Orientale.
Il complesso votivo sorge a monte del residence Roma (ex albergo) ne è
progettista l’ingegnere alpino Luigi Salvi e direttore dei lavori Cesare
Ferriani ufficiale degli alpini anch’egli.

Il 1940 è l’anno che vede l’arrivo di molte personalità romane attirate
da questa montagna per la sua bellezza, ma anche per il suo «appeal»
politico. È così che sorgono le ville del conte Carletti , del famoso
pilota Colonnello De Bernardi, collaudatore del primo prototipo di aereo
a reazione realizzato dalla soc. Caproni, dell’Avv. Cassinelli, famoso
penalista, dell’Avv. Brenciaglia, dell’ing. Parboni, dell’ex re
dell’Afganistan, e di altri insigni personaggi le cui ville sono tutte
ubicate a valle del Savoia lungo la 4bis. Anche in località Campoforogna
nascono nuovi insediamenti alla fine degli anni ’30. Sotto «Colle
Scampetti» vediamo la casermetta della «Guardia Forestale», «il
Governatorato», costruzione in pietra voluta da Potenziani, l’albergo
«C.I.T.» di eguale fattura e la villa del principe Francesco Chigi della
Rovere, cameriere segreto del Papa, capo della Congregazione dei nobili
presso lo Stato Vaticano e grande amico del Terminillo. Lo stile della
villa è molto simile all’architettura della stazione superiore Funivia,
ambedue opere dell’ing. Tadolini, architetto di casa reale e nipote del
famoso Scipione architetto e scultore anch’esso.
Parlando di villa
Chigi e del suo proprietario, va fatta chiarezza su quali fossero i
frequentatori ospiti del principe. C’è una falsa diceria relativa ad una
presunta presenza di Mussolini. Il Duce non fu mai ospite dei Chigi.
Questa asserzione è motivata soprattutto dal fatto che all’epoca il
Vaticano e lo Stato fascista non andavano molto d’accordo perché i
«Patti Lateranensi» erano ancora in fase di «collaudo» con segnali di
reciproca diffidenza. A proposito di Mussolini va anche detto che un
certo Ing. Patter, inventore di un materiale da costruzione autarchico,
provò a regalare al Duce una villetta prefabbricata ubicata dove ora
sorge il complesso residenziale «il Villaggio», ma Mussolini rifiutò.
A commento di questa prima età urbanistica terminillese si può
affermare che progettisti, imprenditori e proprietari, si attennero a
principi costruttivi ed ambientali tesi alla salvaguardia della natura
ed a una architettura sobria e insieme montanara. In particolare fu
l’Ingegner Parboni proprietario di una bella villa, successivamente
acquistata dal costruttore Talenti, a indicare le linee guida per uno
stile architettonico montanaro personalizzato per il Ter-minillo.
Infatti, i materiali da costruzione utilizzati furono prevalentemente il
legno, la pietra scalpellata per gli esterni, mentre il cemento armato
era imposto per le norme antisismiche attuate dopo il terremoto di
Avezzano del 1915. In parte questo suggerimento fu seguito, ma purtroppo
solo allora!
La vita mondana terminillese in quell’epoca felice si svolge nei due
migliori alberghi Roma e Savoia dove vediamo il Savoia, frequentato dai
«realisti» e il Roma, dai «fascisti». I clienti sono di alto
rango, l’aristocrazia romana al Savoia e le alte gerarchie fasciste al
Roma, cosa che fa nascere una rivalità accesa fra il Col. Zamboni
proprietario del Savoia e il Cav. Amici del Roma. Tanto accesa fu che
alla fine della guerra Zamboni denunciò la famiglia Amici che finì in
campo di concentramento a Temi con l’accusa di collaborazionismo,
fascismo e chi più ne ha più ne metta. Con l’entrata dell’Italia nella
seconda guerra mondiale il Terminillo diventerà, a seguito del
peggioramento della situazione e dei bombardamenti, un centro per
sfollati abbienti comprese le famiglie di molti gerarchi fascisti, di
industriali e di aristocratici. Fra i molti ricordiamo i figli di
Mafalda di Savoia, i Pavolini, i Peroni, i Ruspoli, i Riario Sforza, i
Chigi e tanti altri. Con l’armistizio dell’8 settembre le cose
cominciano a peggiorare. Mussolini è prigioniero al Gran Sasso. La
notizia della sua liberazione per via aerea con la «cicogna» del Col.
Tedesco Skorzeny, giunge per prima al ponte radio della società Marelli
situato sul M. Terminilluccio nei locali della Funivia; il successivo
proclama del maresciallo Badoglio suscita panico nei molti sfollati
fascisti che poi esulteranno all’arrivo degli «Alpen-Jegher» di Hitler.
In quel periodo lassù si parlava molto il tedesco perche molte famiglie
altolocate affidavano i loro figli alle «schwester» teutoniche, famose
come educatrici. L’occupazione germanica non porta al Terminillo
particolari motivi di tensione o paura, infatti l’abitato viene
trasformato in lazzaretto, con tanto di grandi croci rosse sui tetti,
per ricevere e curare feriti e malati reduci dal mattatoio di monte
Cassino. Nelle ultime settimane di caos, prima dell’arrivo degli alleati
il principe Potenziani ha in mente di organizzare la resistenza sul
Terminillo per accelerare la cacciata dei tedeschi e, molto
ingenuamente, telefona a Ferriani proponendo un armamento costituito da
«due casse di miei fucili da caccia», Ferriani trovò la cosa tardiva e
impraticabile. Fortuna volle che arrivassero gli alleati a Rieti
nell’estate del 1944 al comando del tenente colonnello H. S. Robinson e
che una squadra di guastatori tedeschi non riuscisse, per mancanza di
tempo, a far saltare buona parte del Terminillo. Come già accennato
anche lassù si scatenarono le vendette ma non fecero grande danno visto
che gli Alleati operarono più da pacieri che non da occupanti, fatta
eccezione per la famiglia Amici alla quale requisirono l’albergo Roma
per farne il comando. Ma la guerra non era ancora finita e i liberatori
organizzarono una «mountain school» per l’addestramento delle truppe di
montagna necessarie ad una eventuale resistenza tedesca sulle Alpi,
cosa che poi non avvenne. Nel 1945 le truppe di montagna alleate avevano
già dei veicoli cingolati da neve prodotti dalla Canadese Bombardier,
antesignani degli attuali «gatti della neve».

Nel dopoguerra la
vita terminillese riprende a trascorrere in un tranquillo torpore fino
al 1949 quando, con grande pompa viene posta la prima pietra per
l’erigendo tempio di S. Francesco voluto dal Parroco frate Riziero
Lanfaloni e dalle di Lui fatiche. Il terreno fu donato dalla Società
Funivia. Nel 1949 riprende anche la vita mondana con il matrimonio di
Gina Lollobrigida e Mirko Skofic. La cerimonia fu officiata nella
Chiesetta degli Alpini da Padre Riziero, con Franco Ferriani
chierichetto e tutti i maestri di sci di allora schierati con un arco di
trionfo fatto con gli sci.
Gli anni ’50 rappresentano la seconda età felice per il turismo e la
vitalità della stazione turistica. Attori e attrici soggiornano al
Terminillo, G. Cervi, R. Vallone, M. Girotti, R. Podestà, E. Rossi
Drago, B. Modugno, C. del Poggio, A.M. Ferrero, M. Vlady-Versois, E. de
Filippo, T. Pica, il regista Zampa e molti altri ancora che dopo lo sci
allietano le proprie serate al night «la Tavernetta» di Dino Zamboni
dove suona il complesso composto da strumentisti che poi si uniranno a
Peppino di Capri, come il famoso sassofonista Gabriele Varano.
All’albergo Roma soggiorna spesso l’ex Re Faruk d’Egitto con il suo
seguito ormai ridotto al minimo, ma il grande appartamento che fu dei
Mussolini è ora occupato dai Duchi Parodi Delfino. Alla luce di questa
nuova vitalità nascono molti alberghi, il Cristallo (primo progetto
ridotto), la Piccola Baita (Ing. Provenzani), La Genzianella (della
Signora Lena Petroni-Amici) e l’Aurora dei Turilli, proprietari
dell’Hotel Plaza di Roma. Il periodo compreso fra il 1955 e il 1965
possiamo definirlo il fulcro dello sviluppo turistico. La società
Funivia costruisce la seggiovia del Terminilletto che sale fino a quota
2108, le sciovie Nord, Sud, Togo, le 2 del Terminilluccio e la Fiorito.
Franco Ferriani si inserisce nel carosello con le sciovie Terminilluccio
Est e Colle Scampetti a Campoforogna e il Signor Rosselli di Roma
installa una sciovia alla Sella di Leonessa. Anche gli alberghi,
elemento principe per un turismo di qualità, crescono di numero con il
Togo Palace di C. Mariozzi, il Bucaneve della veterana terminillese
Vittoria Faraglia, il Tre Cime, La Malga, e il Ghiacciolo a
Campoforogna. Questa atmosfera euforica che si è ormai consolidata anche
economicamente, crea molte speranze per il futuro sviluppo, ma
purtroppo le autostrade favoriranno le località alpine e gli estimatori
del Terminillo inizieranno sempre di più a parlare di «quelli del nord».
Il resto di questa storia è noto. I residences cresciuti come funghi
hanno contribuito a congelare il «turn over» dei flussi turistici
unitamente alla cecità di alcune amministrazioni che hanno permesso la
riconversione in condomini di molti alberghi, ponendo sempre meno
attenzione alle grandi potenzialità del Terminillo. La Regione Abruzzo,
grazie all’azione dei propri politici, ha surclassato turisticamente le
località del Lazio e le capacità imprenditoriali dei privati. Ma allora
tutto sta andando male? Pare che il 2005 stia creando le aperture per
una inversione di tendenza, molte cose stanno migliorando, nuovi
investitori hanno fiducia in questa montagna perché lo merita per le sue
bellezze naturali, per il suo clima, per un intorno pedemontano
ricchissimo di storia, di cultura, di archeologia, di laghi, di terme,
di prodotti, di architetture pregievoli, e di artigianato, il tutto a
due passi.
La Valle Santa
La Valle Santa e San Francesco
"...Francesco,
ha santificato Assisi, sua città natale, ma rifulse nella
provincia di Rieti per una speciale predilezione e per lo splendore
dei molti miracoli."
La Valle Santa è una pianura, dalla forma quasi circolare, chiusa lungo tutto il perimetro da colline e monti, come il Terminillo. In questo anfiteatro naturale sono collocati i quattro Santuari francescani, idealmente disposti alle quattro estremità di una croce mistica.
Tanti sono i motivi che hanno condotto San Francesco a Rieti, tra questi certamente vi fu la bellezza della natura.
La pianura è fertilissima e ancor oggi, come nei secoli passati, alimenta la sua gente. Così, durante l'estate, puoi ammirare la piana che si trasforma in un mare giallo di grano.
I monti sono coperti da boschi secolari, dominati dalla quercia, dai faggi, dai castagni da frutto, dagli elci e dai carpini. A quote più alte prosperano abeti, larici e agrifogli.
Le abbondanti acque dolci della Valle Santa sono famose in tutto il mondo per la loro purezza.
Il fiume Velino, dal blu intenso, solca tutta la pianura ed entra nella città di Rieti portandovi trote e germani reali. I torrenti, come il Turano, scorrono veloci tra rocce e boschi. Dal suolo emergono sorgenti spettacolari come quelle del Santa Susanna.
La Valle Santa stessa era in origine occupata da un enorme lago, il lago Velino. Nel 271 a. C. i Romani intrapresero la bonifica dell'area. A testimoniare quell'antica distesa d'acque resta oggi l'incantevole Riserva Naturale del Laghi Lungo e Ripasottile. Qui, tra canneti fittissimi e ninfee bianche, potrai ammirare l'airone bianco, l'airone cenerino, il germano reale e tanti altri animali.

Anonimo Reatino, Actus Beati Francisci
in Valle Reatina, P 7, a c. di A. Cadderi, Assisi, Edizioni Porziuncola,
1999
La Valle Santa è una pianura, dalla forma quasi circolare, chiusa lungo tutto il perimetro da colline e monti, come il Terminillo. In questo anfiteatro naturale sono collocati i quattro Santuari francescani, idealmente disposti alle quattro estremità di una croce mistica.
Tanti sono i motivi che hanno condotto San Francesco a Rieti, tra questi certamente vi fu la bellezza della natura.
La pianura è fertilissima e ancor oggi, come nei secoli passati, alimenta la sua gente. Così, durante l'estate, puoi ammirare la piana che si trasforma in un mare giallo di grano.
I monti sono coperti da boschi secolari, dominati dalla quercia, dai faggi, dai castagni da frutto, dagli elci e dai carpini. A quote più alte prosperano abeti, larici e agrifogli.
Le abbondanti acque dolci della Valle Santa sono famose in tutto il mondo per la loro purezza.
Il fiume Velino, dal blu intenso, solca tutta la pianura ed entra nella città di Rieti portandovi trote e germani reali. I torrenti, come il Turano, scorrono veloci tra rocce e boschi. Dal suolo emergono sorgenti spettacolari come quelle del Santa Susanna.
La Valle Santa stessa era in origine occupata da un enorme lago, il lago Velino. Nel 271 a. C. i Romani intrapresero la bonifica dell'area. A testimoniare quell'antica distesa d'acque resta oggi l'incantevole Riserva Naturale del Laghi Lungo e Ripasottile. Qui, tra canneti fittissimi e ninfee bianche, potrai ammirare l'airone bianco, l'airone cenerino, il germano reale e tanti altri animali.
Ricette Reatine
Antipasti
Pasta, pane, biscotti
Primi piatti
Secondi Piatti
Dolci Stracci di Antrodoco
Salse e condimenti Fregnacce Reatine al tartufo
Porchetta di Poggio Bustone![]() Filetti di trota al tartufo Pizza di Pasqua
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Bucatini all'amatriciana |

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